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La perizia
grafo-logica |
Nell’ambito di un procedimento civile o penale, il giudice può richiedere un parere tecnico specifico che, nel nostro caso, ha come oggetto il “disconoscimento di scritture o documenti”. A questo proposito occorre precisare che non vi è alcuna legislazione che fissa precise regole sulla professionalità di questa categoria di tecnici, esperti in “analisi e comparazione della scrittura”. Questa assenza di legislazione ha favorito il sorgere di “associazioni”, “scuole”, “istituti”, “università”, privi di riconoscimento giuridico, dai titoli ingannevoli, che a volte esistono solo sulla carta e servono come curriculum, e che creano confusione con quelle poche, al contrario, realmente equiparate agli studi statali o anche legalmente riconosciute. Questo stato di cose genera il formarsi di “ professionisti” che in perizia dicono “tutto e il contrario di tutto”, per questo non è possibile avere nessuna garanzia sul fatto che, effettivamente, siano preparati, soprattutto in un settore così importante e delicato come quello giudiziario, dove si decidono le sorti delle persone e dei patrimoni. Chi va in giudizio dovrebbe avere tutte le garanzie necessarie affinché il professionista chiamato ad esprimere un parere peritale sia realmente preparato e competente. Già Girolomo Moretti nel “Trattato scientifico di perizie grafiche su base grafologica”, affermava: «… Ripeto che non tutti possono essere periti di scritture, ma soltanto quelli che hanno disposizioni ad apprendere le norme grafologiche e ad applicarle….E giova rimarcare che non basta apprendere, ma occorre avere l’abilità di applicarle…». Conoscere ed apprendere i segni grafologi è, oggi più che mai, con i nuovi metodi di falsificazione, necessario ma insufficiente per dare un congruo risultato al giudice. E’ necessario quindi, che l’indagine sia supportata da un percorso di studi criminologici ed investigativi, e sorretta da una rigorosa metodologia scientifica, al fine di riuscire ad interpretare in modo più lontano possibile dall’errore, quei determinati segni peculiari che, all’attento esame, possono indicare la falsificazione. Mi preme, qui, soffermarmi sul problema che sta proprio all’origine: la non conoscenza della grafologia. Quando si è chiamati dal giudice come CTU, per dare un parere competente, non si può scambiare (ad esempio) “tratti tremolanti” per “tratti fluidi”; scambiare il “tremore da falsificazione” per “tremore senile”; dare giudizi di certezza di firme dove sono evidenti segni di “ripassi, errori e ritocchi” (senza presenza di alcuna compromissione di carattere neurologico); tutto ciò, vuol dire non conoscere nemmeno l’abc della grafologia. Si assiste, purtroppo, in seguito a questi casi, al verificarsi dei tanti “errori giudiziari”, come afferma il Prof. Sidoti, Presidente del Corso di Laurea di “Scienze dell’investigazione” dell’ Aquila, il quale individua questo tipo di “errore” come caratterizzato da un’inadeguata cultura dell’investigazione e da un modo di pervenire alla verità attraverso tentativi caratterizzati da “ignoranza crassa e presuntuosa”. |
Pubblicato in rete il 15.10.2007 |